venerdì 24 luglio 2015

24 luglio

Eri bella come il sole, gran fisico, positiva e sorridevi sempre cristo santo, mai un cazzo di problema di salute in 50 anni.
E te ne sei andata di botta, giovane lasciandoci tutti senza parole.

Un grandissimo anno di merda segnato da troppe perdite, manco fossimo un guerra.


Rossetti – Ecce Ancilla Domini!, 1849-50

giovedì 16 luglio 2015

16 Luglio

10 giorni fa.

... e reagisco con distacco.
Mi proteggo così, atteggiamenti "robotici", evito di pensare, di emozionarmi di fronte sia alla gioia che al dolore.
Oggi però succede qualcosa.

Nel cassetto mi capita tra le mani la tua collana, quella color argento con una rosa per pendaglio che ti fregai 20 anni fa quando abitavamo insieme.

Rovistavo spesso nei tuoi cassetti, così pieni di bigiotteria e profumi e non riuscivo a resistere alla tentazione di fregarti le cose perché tu eri una così gelosa custode e io già da allora ero una stronza.

Ripenso alle 100 paia di scarpe che avevi.
E a tutti quei vestiti.
Amavi il blu.
Perché a te piaceva uscire la sera, andare in balera con le amiche e ballare con il tuo fidanzato settantenne (che lasciava a casa sua moglie, immagino abbastanza incazzata).
Ridevi sempre con quelle guance rosse e quelle mani perfette che la sera mi facevano la treccia.
Poi ti sei rotta le palle di farmela e allora ho imparato a farla da sola con quelle mani identiche alle tue e oggi sono campionessa italiana di rapidità in trecce.
In estate, quando in camera tua era caldo com'è caldo oggi in camera mia, ci mettevamo (entrambe con le gote rosse e accaldate) sopra il tuo lettone a guardare la tv, ogni telenovela era nostra: Cuore Selvaggio, Manuela, Beautiful... e durante la pubblicità il mio sguardo cadeva annoiato sul tuo comodino sempre così pieno di Harmony che non riuscivo a leggere, troppo sdolcinati... e tu, un'eterna sognatrice.

In quella bara non eri tu.
Non sei tu anche se sei dentro a quel vestito blu.

Tu sei quella perennemente sorridente, viziata e un po' egoista... con le guance sempre rosse.
Come le mie.

giovedì 21 maggio 2015

21 Maggio

L'Expo è quel convivere di culture diverse.
Un incontro che ci calma ed arricchisce; ci colpisce per quell'alternarsi di colori della pelle differenti, forme degli occhi e modi di porsi:
l'organizzazione dei giapponesi, la naturalità degli svizzeri, il patriottismo dei cileni, l'efficienza dei tedeschi, la gentilezza dei coreani.


Passeggiare dunque per il Decumano, a destra e sinistra un susseguirsi di padiglioni firmati da grandi architetti... una vera gioia fotografarli.









Attraversare Piazza Italia.
Scorgere sulla sinistra il fatidico Albero della Vita.
Osservarlo.
Ha un'aria familiare.
Fermarsi a riflettere.
C'è qualcosa di vagamente rinascimentale in lui.
Ci arrivo:
l'albero ha rami e radici identici al disegno di Piazza del Campidoglio del nostro Michelangelo.



E la sera, quando la luce del giorno lentamente sviene per dar spazio alla notte, l'albero prende vita e da inizio ad uno show di zampilli d'acqua che giocano allegri in una combinazione di luci e musica.
Un albero che di giorno sembra deludere un po' ma che di notte rinasce e stupisce prendendo forme inaspettate dando vita ad uno spettacolo emozionante ed unico nel suo genere.
Da non perdere assolutamente.



Inizio il mio giro tra i padiglioni (mi manca quello italiano, al mio tre potete iniziare a lapidarmi): tra tutti mi colpiscono molto quello svizzero e quello coreano.

-Padiglione Svizzero: l'emblema della semplicità.
Si entra in quattro torri con scaffali pieni di quattro prodotti diversi: il caffè, le mele, il sale e l'acqua.
Dicono: "prendete tutto ciò che volete" lasciandovi così riempire le tasche.
Si correggono: "prendete solo ciò di cui avete veramente bisogno perché tutto quello che ora prendete lo toglierete a qualcun altro in quanto gli scaffali non verranno riforniti".
Ed istintivamente vuotate le tasche.
All'uscita dal padiglione una scritta inquietante che colpisce e ti segna:


-Padiglione Coreano (Korea del Sud): la fame nel mondo.
 In una delle sale (tra l'altro davvero molto spettacolari) c'è "l'ologramma" di un bambino accovacciato e denutrito che cerca cibo e non lo trova e ogni tanto si volta verso l'interlocutore per guardarlo con quell'aria stanca, triste e affamata.




La tecnologia è al servizio di un "marketing" sociale che funziona perché commuove, impressiona e sciocca il visitatore.
Un appunto.
La guida coreana che mi ha portato a spasso per il padiglione è un figo da paura: che Dio benedica lui, la sua voce profonda e i cuori di tutte le turiste che in questi mesi spezzerà :D !
Ciao Cho!<3

E poi girovagando trovo un padiglione che da spazio alla poesia.
Il padiglione del Cile, patria del mio adorato Neruda.
All'ingresso una splendida composizione di Raul Zurita che racconta l'amore e il rispetto per la natura.


All'uscita trovo uno spazio vendita con centinaia di prodotti tipici cileni (vini, conserve, pepe, sale, spezie...) e libri di poesie di Neruda.







Ma veniamo al piatto forte:
Alla Vita, lo spettacolo di Cirque du Soleil.

Ho due cose da dirvi.
1) Ho avuto la possibilità di provare una reflex cazzuta della Canon, la EOS 6D con un 24-105mm. Normalmente sono abituata a scattare in manuale con una Nikon D90 e avere tra le mani una full frame con quegli ISO (100-25600 standard, 50-102800 expanded) mi ha emozionato non poco. Gli attori tra l'altro mantenevano le espressioni per diversi secondi, dandomi così la possibilità di scattare e giocare con gli ISO, appunto. Ho ottenuto foto molto luminose e nitide con poco rumore a 5400 e 6000. Senza flash, ovvio. Guardare per credere.







2) Lo spettacolo acrobatico ad un certo punto si è fatto talmente incredibile che mi ha totalmente deconcentrato dalla mia fissazione per gli scatti. Mi è lentamente caduta la mascella e sono rimasta letteralmente a bocca aperta (come quando a 5 anni vidi per la prima volta il soffitto della Basilica di S. Francesco ad Assisi).
Questi atleti "volano" con una semplicità disarmante.
Fanno "cose che voi umani non potete nemmeno immaginare".
Rendono possibile l'impossibile in uno spettacolo unico, colorato, spericolato, a tratti romantico, commuovente e sbalorditivo.
Li guardo pensando a tutti gli ostacoli che mentalmente ci creiamo:
"Use the Force, Luke" e come questi acrobati li supereremo uno ad uno.

Il racconto del mio "viaggio" finisce qui, per approfondimenti e informazioni vi consiglio caldamente il post "EXPO IN UN SOLO GIORNO: ECCO LA GUIDA" de "Il giornale del Cibo" che ho trovato molto utile ed esaustivo:
http://www.ilgiornaledelcibo.it/padiglioni-expo-cosa-vedere/

Vi lascio con le foto di cibi e piatti che ho assaggiato tra il padiglione coreano, giapponese, svizzero e CIR Food.

Padiglione Svizzero

  
CIR Food


CIR Food

  
CIR Food


CIR Food


Padiglione Coreano


Padiglione Coreano


Padiglione Coreano


Padiglione Giapponese


Padiglione Giapponese


Padiglione Giapponese


 Padiglione Giapponese


Padiglione Giapponese


Ciao e al prossimo viaggio! ;)



venerdì 8 maggio 2015

8 Maggio

Gesti a metà.
Lanciano il ricordo di lontane abitudini.
Ma qualcosa non torna.
Tu ci sei, l'altro no.

Oggi in macchina era papà a guidare e d'impulso stavo per prendergli la mano poggiata sul cambio.
Mi sono fermata a metà corsa.
Lo facevo sempre con il mio ragazzo, che non c'è più, da due anni e mezzo abbiamo preso strade diverse.
Per fortuna.
Ma l'abitudine di quel gesto rimane.
Come quello di chiamare Pippo per uscire, ma lo chiamo Ronnie, ma Ronnie è morto da pochi giorni e anche lui non c'è più.
Eppure ogni mattino quando mi sveglio e scendo le scale per andare in cucina, d'impulso il mio sguardo va li dove una volta c'era la sua cuccia.

Ci sforziamo di dimenticare per non soffrire, ma è tutto inutile.

lunedì 27 aprile 2015

27 Aprile

Nonna è morta venerdì.
Stamattina il mio cane.
Cerco di limitare le lacrime oramai stanche di scendere (ma infinite a quanto pare) navigando su internet.
Provo a vedere una puntata di Sex and The City.
Non si carica.
Allora leggo notizie di sport, Denis e la scazzottata.
Roba da giungla.
Evito i 4000 morti del Nepal, perché chiaramente non mi aiutano.
Cerco notizie sceme, tanto per distrarmi.
Ricevo una telefonata.
La mia amica col cuore spezzato.
Un altro stronzo.
Poi mi chiama il mio amico DE ROMA.
Lo sento bestemmiare perché piove, perché gli rubano il posto del parcheggio, perché non ha l'ombrello, perché non trova parcheggio, perché non può andare in palestra perché appunto piove, non trova parcheggio e non ha l'ombrello.
E rido come una cogliona.
Sentire parlare romano, specialmente in quel romanaccio vulgaris e concitato, mi fa spaccare dalle risate.
Progetto un giorno a Roma per riprendermi un po', tra i bozzetti del Bernini in terracotta alla mostra Barocca di Palazzo Cipolla e quel caldo tipico del centro sud e magari un aperitivo a Trastevere.
Torno a leggere le news.
Ad Ancona e Macerata hanno insultato Salvini, lanciato bottiglie, uova e pomodori.
Mitici.
Questa cosa da marchigiana mi riempie di orgoglio.
Lo so, non dovrei dirlo.
Ma a me Salvini-di-plastica mi è sempre stato sul cazzo.
"Lo chignon delle dive."
Kate Bosworth con quelle orecchie a sventola si è permessa lo chignon.
Io che sò fica non lo so fare sto cazzo di chignon.
Ho i capelli troppo lisci, ma va di moda, daje, quindi quest'estate tutti con lo chignon.
"INGE, PROSTITUTA TEDESCA: 'LEGALIZZARE NON FUNZIONA'"
Pure le prostitute tedesche ci danno in testa aò ma così tanto che quelle italiane non le intervistano più.
Volete mettere quanto suoni più fico "Inge, prostituta tedesca" anziché "Manuela, prostituta italiana"?
"Il segreto per diventare miliardari: non divorziare"
Anche non sposarsi.
"Con Clear cancelleremo i nostri post imbarazzanti dai social."
Sono salva.
Finalmente una notizia interessante.
Lo scarico.
"Il primo amore non si scorda mai. Reazioni dopo anni senza vedersi."
Fatemi incontrare il mio ex tra 10 anni e vi faccio vedere io che risate. Da 118.
"Apple pensa a penna "smart" l'era Jobs nel libro dei ricordi."
Finalmente la Apple ha deciso di fare qualcosa di utile anche per noi donne: un vibratore.
Attenzione.
Qua la repubblica.it dal il meglio di sé con una grande intuizione all'avanguardia:
"L'uomo sbagliato ti fa sentire sbagliata: 2 donne raccontano".
Incredibile.
Non l'avrei mai detto.
L'uomo sbagliato ti fa DIVENTARE la donna sbagliata sarebbe stato più intelligente come titolo.
Next time Direttore chiamatemi che vi do quel quid che vi manca.
Kate tra poco partorisce il prossimo depresso della Royal Family.
Wow.
"Correre fa bene almeno per 10 motivi".
Mah, io l'ultima volta che ho corso c'ho avuto sciatica per un mese.
Concludo con una notizia aberrante.

Legge elettorale, la protesta
di Passera incerottato

Non trovo il finale adatto a questo post delirante quindi ciao.

sabato 25 aprile 2015

25 Aprile

Esco dalla palestra.
E' buio.
Un tempo di nuvole cariche di pioggia che non vogliono piangere.
Lo stereo della macchina suona Janine di David Bowie e ricevo una telefonata.
Hello Janine.

A casa dei nonni è un via vai di parenti più stretti e vicini.
Ognuno affronta a modo suo il dolore.
Mio nonno chiede se io pensi che lui stia bene con quei capelli lunghi, poi piange.
Mia zia ha deciso di prendere il controllo della situazione e in casa sta facendo tutto lei.
Poi c'è la cugina di mio padre.
Infermiera.
"Io ci sono passata, so come si fa. Ci penso io".
Perse il marito che era giovane ed affronta la situazione con dolore composto e distaccato ed intanto mi parla dei suoi nipoti che la sera prima le avevano dedicano una scenetta buffa.
La vicina.
Ostinata a pulire quelle scarpe alla perfezione.
"V. era una persona precisa e le sue scarpe devono essere perfette".

Una donna con tre figli maschi, ma in casa tutto è gestito dalle donne.
E' sempre così.
Anche nella morte.
Mio zio si lamenta, trova che il vestito scelto non sia esattamente il più bello.
L'altro zio vaga da una stanza all'altra, sembra fare cose che non sta facendo.
Mio padre è silenzioso.
Io guardo la valigetta aperta dei tipi delle pompe funebri, tra vari attrezzi simili a quelli di un chirurgo c'è anche uno di quei pennelli per il fard.

Nella "burocrazia" richiesta dal momento, prendo l'album per scegliere una foto.
Ne becco una di lei settantenne, con quell'espressione sua tipica di quando faceva la puntigliosa e la precisina... è ritratta mentre si sistema il rossetto allo specchio.
Penso che la cosa che più possa ferire non sia la visione di un corpo inanimato, perché li per lì psicologicamente ancora non te ne rendi conto, ma il ricordo di come lei fosse prima di diventare bambola.

Parlo per la prima volta e decido che quel diavolo di maglione che hanno scelto per rivestirla sia orribile.
Quindi prendo zia, apro l'armadio, scopro che aveva davvero pochissimi vestiti, scelgo una giacca nera, un foulard a pois e andiamo in camera a cambiarla.

La guardo.
Non è più lei.
Sembra una bambola.
Parliamo cercando di esorcizzare il dolore e l'imbarazzo, ci sentiamo un po' delle stronze per aver deciso di toccarla ancora e ci scusiamo con lei, ma quel maglione è indecente per una donna che era abituata a essere sempre "in ordine".
E non fa effetto toccarla e cambiarla perché è fredda, non parla, non mi guarda, non c'è.
La alziamo reggendole la schiena.
Calda.
Questo fa strano.
E quella lacrima che le esce dall'occhio, le riga con freddo distacco una guancia scavata e fredda:
sono gli ultimi ricordi che il suo corpo ha della vita.

Ognuno dunque affronta a modo suo il dolore.
Chi parlando, chi piangendo, chi in silenzio catatonico, chi lamentandosi e chi litigando.

Oppure c'è chi scrive ricordandoti sulle note di Janine in quell'immagine di te allo specchio così splendidamente viva.


lunedì 20 aprile 2015

20 Aprile

Un nuovo odore.
Due sorrisi ed i nostri occhi che si incrociano.
Camminando ci conosciamo.

Un nuovo suono.
E ti sento ridere e mi piace.

Ti guardo.
Cammini con calma e tieni alte le spalle.
E parli gentilmente nel tuo delicato domandare di me.
Rispondo emozionata ed imbarazzata e penso a quanto io stia bene così con te.
Per il tuo buon odore e il tuo sorriso e la delicatezza di come pronunci il mio nome: "Alessandra".
Perché quel nome attraverso le note della tua voce assume un significato diverso e me lo colori d'incanto.

E ti ascolto sperando tu possa al più presto avvicinarti a me e sfiorarmi.
Baciarmi.

Ma non lo fai.
Tu non esisti.
Ed aspetto di incontrarti in questo mio sentirmi completamente-incompleta e morta dentro a delle inutili fantasie.



Emile Bernard, Donna nella pioggia